MA QUANTO CI COSTATE
 

TRATTAMENTO ECONOMICO DEPUTATI

Nella Finanziaria 2006 l’importo del trattamento economico e’ stato decurtato del 10% ma non sono state ritoccate: Diarie – Rimborso Spese – Spese di trasporto – Spese Telefoniche – Assegni Vitalizi.
12 Mensilità nette di Euro 5.486.58 (Prima del taglio della Finanziaria 2006 I’importo era Euro 5.941,91).
Diaria: è riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma è ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni, che avvengono con il procedimento elettronico. E’ considerato prese se partecipa almeno al 30% delle votazioni nell’arco della giornata.
Rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori: a titolo di rimborso forfetario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori, al deputato viene attribuita una somma mensile di 4.190 euro.
Spese di trasporto e spese di viaggio: i deputati hanno tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, ed a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km. I deputati che si recano all’estero per ragioni connesse all’attività parlamentare, possono richiedere un rimborso spese fino ad un massimo annuo di 3.100,00 euro.
Spese telefoniche: i deputati dispongono di una somma annua di 3.098,74 euro per le spese telefoniche.
Assegno vitalizio: il deputato versa mensilmente una quota - l’8,6% (1.069,35 euro), che viene accantonata per il pagamento degli assegni vitalizi. il deputato riceve il vitalizio a partire dal 65° anno di età. Il limite di età diminuisce fino al 60° anno di età in relazione agli anni di mandato parlamentare svolti. Lo stesso Regolamento prevede la sospensione del pagamento del vitalizio qualora il deputato sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. L’importo dell’assegno varia da un minimo del 25% a un massimo dell’80% dell’indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare.
TOTALE INDENNITA’ DI UN DEPUTATO: CIRCA 15.000 EURO MENSILI.
TRATTAMENTO ECONOMICO DEI SENATORI
Nella Finanziaria 2006 l’importo del trattamento economico e’ stato decurtato del 10% ma non sono state ritoccate: Diarie – Rimborso Spese – Spese di trasporto – Spese Telefoniche – Assegni Vitalizi.
L’indennità corrisposta per 12 mensilità per un importo mensile pari a€. 5.486,58. (5.941,91 euro prima della finanziaria 2006).
La diaria ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma è ridotta di 258,23 euro per ogni giorno di assenza del Senatore dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni qualificate e verifiche del numero legale.
 Rimborso per spese inerenti i supporti per lo svolgimento del mandato parlamentare
Il mandato parlamentare, al Senatore è attribuita una somma mensile di 4.678,36 euro, in parte (35% pari a 1.637,43 euro) erogata direttamente al Senatore medesimo ed in parte (65% pari a 3.040,93 euro) erogata al Gruppo parlamentare di appartenenza.
Spese di trasporto e spese di viaggio: i Senatori hanno tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza a Roma, è previsto un rimborso spese annuo pari a 13.293,60 euro, per il Senatore che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto o la stazione ferroviaria più vicina al luogo di residenza, ed a 15.979,18 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km. Per i Senatori residenti a Roma ed eletti in collegi del Comune di Roma, il rimborso è corrisposto nella misura di 6.646,80 euro.
Spese telefoniche: essi dispongono di 4.150 euro annui.
Assegno vitalizio: Anche in questo caso, il Senatore versa mensilmente una quota - l’8,6%, pari ora a 1.069,35 euro, più il 2,15 per cento, come quota aggiuntiva per la reversibilità, pari a 267,34 euro. Il Regolamento prevede la sospensione del pagamento del vitalizio qualora il Senatore sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. L’importo dell’assegno vitalizio varia da un minimo del 25% ad un massimo dell’80% dell’indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare.
UN SENATORE GUADAGNA CIRCA 17.000 EURO MENSILI.
UN ESEMPIO PER TUTTE LE REGIONI
REGIONE SICILIA
Rendiconto delle entrate e delle spese dell’Assemblea regionale per l’anno finanziario 2004 (Documento n. 128), approvato nella seduta n. 349 del 17 gennaio 2006.
Somme effettivamente spese, risultanti dal rendiconto:
a) Indennità parlamentare e spese varie per i deputati in carica.
(Capitolo II, articoli 5, 6, 7 e 9) = € 20.487.076,49.
b) Contributi ai Gruppi parlamentari (Capitolo VI, articolo 25) = € 7.360.910,70.
c) Spese per i Gruppi parlamentari (collaborazioni, etc.) (Capitolo VI, articolo 26) = € 5.004.441,33.
d) Assegni vitalizi a deputati cessati dal mandato (Capitolo III, articolo 10) = € 19.173.003,69.
e) Retribuzioni al personale di ruolo (Capitolo IV, articolo 17) = € 30.794.620,91.
f) Pensioni per dipendenti in quiescenza (Capitolo V, articolo 20) = € 32.137.616,92.
g) Totale complessivo somme spese nell’anno finanziario 2003 = € 141.420.092,30.
h) Partite di giro nell’anno finanziario 2004 = € 37.501.161,44.

AMMINISTRATORI LOCALI
Lo stipendio dei Sindaci dipende dal numero di abitanti del paese che amministrano, dalla professione che esercitano, dall’andamento del bilancio comunale rispetto alla media regionale e da altri parametri. Il dato preponderante rimane comunque il numero di cittadini del comune in cui i sindaci svolgono la loro funzione, così come riportato dalla tabella.
GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (13/05/2000)
Indennità di funzione mensile dei Sindaci (dati in lire)
Comuni fino a 1000 abitanti                               Lit.  2.500.000
Comuni  da     1.001 a 3.000 abitanti                 Lit.   2.800.000
Comuni  da     3.001 a 5.000 abitanti                 Lit.   4.200.000
Comuni  da     5.001 a 10.000 abitanti               Lit    5.400.000
Comuni  da   10.001 a 30.000 abitanti               Lit.   6.000.000
Comuni  da   30.001 a 50.000 abitanti               Lit.   6.700.000
Comuni  da   50.001 a 100.000 abitanti             Lit.   8.000.000
Comuni  da 100.001 a 250.000 abitanti             Lit.   9.700.000
Comuni  da 250.001 a 500.000 abitanti             Lit. 11.200.000
Comuni oltre 500.001 abitanti                          Lit. 15.100.000
Anche la professione svolta dal sindaco influisce sulla sua “busta paga”: se è un lavoratore dipendente o un pensionato l’importo è dimezzato, tranne che non richieda l’aspettativa per tutta la durata del mandato. I liberi professionisti percepiscono l’indennità completa piena.
Variabili che incidono sulla quantificazione dell’indennità di carica:
1) Se la percentuale di entrate proprie del bilancio comunale risultanti dall’ultimo rendiconto superiore alla media regionale, calcolato per fasce di numero di abitanti, scatta una maggiorazione del 3%.
2) Se la spesa corrente pro capite dell’ultimo bilancio approvato è superiore alla media regionale, calcolata sempre per fasce di popolazione, scatta un incremento del 2% sull’importo.
Si possono anche effettuare ulteriori incrementi fino al 15% dell’importo fissato dalla legge previa assunzione di delibera motivata. E’ possibile ridurre o rinunciare al compenso.
INDENNITA’ DEI VICESINDACI
Ai vicesindaci di comuni con popolazione compresa tra mille e cinquemila abitanti hanno un’indennità mensile pari al 20 per cento di quella prevista per i sindaci. I comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti fino a 10.000 hanno uno stipendio pari al 50%. Ai vicesindaci delle città con oltre 10.000 abitanti pari al 55%.
INDENNITA’ DEGLI ASSESSORI
Agli assessori di comuni con popolazione superiore a 1.000 fino a 5.000 abitanti viene corrisposta un’indennità mensile pari al 15% di quella dei sindaci. Nei comuni da 5.000 e fino a 50.000 il compenso è pari al 45%.
Per i vicesindaci e gli assessori l’indennità dimezzata se sono lavoratori dipendenti o pensionati.
GETTONI DI PRESENZA PER I CONSIGLIERI COMUNALI     (in lire)
Nei comuni da 1.001 a 10.000 abitanti, 35mila lire a seduta;
da 10.001 a 30.000 abitanti, 43mila lire;
da 30.001 a 250.000 abitanti, 70mila lire per ogni presenza in aula
Dal Corriere della Sera 19 Ottobre 2006
Vestiti, auto blu e arredi
I politici costano il 36% in più
Parlamento e istituzioni: così dal 2001 sono cresciute le spese
Dal 2001 in qua la spesa per mettere in divisa un commesso, al Senato, dalla giacca ai calzini, è cresciuta al netto dell'inflazione del 103%. Arrivando a 1.815 euro a testa. Oltre tre milioni e mezzo di lire. L'anno. Ma questo è solo un dettaglio tra i tanti. Il dato centrale è che, mentre chiedeva al Paese di fare sacrifici, il Palazzo della politica ha continuato come prima. Anzi: peggio. L'unica cifra rimasta quasi identica negli ultimi cinque anni è quella scritta nella busta paga annuale del presidente della Repubblica (poco sotto i 220 mila euro, il che significa che in termini reali il capo dello Stato è oggi un po' meno pagato di ieri). Per il resto, ci costa meno il Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) e di più tutto il resto.
Dice l'Istat che il costo della vita, nell'ultimo lustro, è cresciuto complessivamente del 13%? Bene: il peso sulle pubbliche casse degli organi costituzionali è aumentato del 36,56%. Fatta la tara all'inflazione, del 24%. In moneta reale: 343 milioni, 151 mila e rotti euro. Cioè 664 miliardi di lire. In più. Per carità, alla larga dal qualunquismo. Viva la democrazia, viva il Parlamento, viva il Quirinale. Ma possibile che la macchina del Colle proprio non potesse risparmiare un cent dei 64 milioni di euro in più che costa oggi rispetto al 2001? E a Palazzo Madama, sinceramente, non potevano dare una sforbiciatina ai 147 milioni e mezzo di euro supplementari di spese correnti che hanno fatto lievitare i costi fino a 527 milioni l'anno? E a Montecitorio, non potevano limare le stesse spese correnti perché non si impennassero fino alla quota di 940 milioni, con un aumento di 124 milioni? Le percentuali dei rincari (veri, al di là dell' inflazione) sono lì, sotto gli occhi: dal 2001 ad oggi la macchina del Quirinale costa il 42% in più, quella del Senato il 39%, quella della Camera il 15%, quelle della Corte Costituzionale e del Csm intorno al 29%. Colpa della maggioranza di destra e di Berlusconi, che al momento di prendere in mano il Paese aveva promesso che con lui lo Stato e i suoi organismi sarebbero stati più snelli? Sì. Ad esempio il bilancio del Senato di cui parliamo è stato presentato il 9 febbraio e quello della Camera il 15 marzo. Però non sono stati mai seriamente contestati dalla sinistra prima delle elezioni e sono stati poi approvati nelle ultime settimane dalla maggioranza d'oggi. Di più: la stessa finanziaria "lacrime e sangue" voluta da Romano Prodi per il 2007, prevede sventagliate di tagli ovunque, meno che per gli organi costituzionali. Che ci dovrebbero costare (auguri) altri 38 milioni di euro supplementari. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Quanto alle voci che hanno fatto lievitare le spese, del Quirinale non sappiamo (per ora) nulla. Nonostante la battaglia per la trasparenza di isolati donchisciotte, il bilancio della Presidenza della Repubblica (che dieci anni fa prevedeva ad esempio 14 miliardi per mantenere 274 corazzieri e 60 cavalli e la manutenzione di 236 arazzi, 280 orologi e 285 tappeti) è ancora secretato. E i «libri di cassa» dei due rami del Parlamento contengono voci così fumose (un esempio alla Camera: «emolumenti per servizi di segreteria»: 15 milioni di euro) che se li mettesse a bilancio un'azienda privata si vedrebbe arrivare la Finanza: «Cioè?» Ciò che si può capire, però, basta e avanza per farsi un'idea chiarissima: il risparmio «a casa propria» non è il primo obiettivo dei deputati né quello dei senatori. Certo, sulle ricche indennità quotidianamente nel mirino dei giornali e delle tivù non si sono arrischiati. Non era il caso, con Tremonti che si sfogava dicendo «chi me l'ha fatto fare di diventare ministro di un Paese così povero?» e le sinistre che dall'opposizione dipingevano scenari foschi dove, per dirla con Giuliano Ferrara, «mancava il latte per i bambini». Anzi: considerata l'inflazione, le «indennità» (una delle voci dello stipendio vero, cui vanno in realtà sommate tante altre prebende assai succose) sono aumentate di una virgola (più 0,5%) alla Camera e sono addirittura calate (-7,3%) al Senato. Sul resto, però... A Montecitorio, per dire, i rimborsi spese sono cresciuti oltre l'inflazione del 9,5%. I vitalizi agli ex deputati (che pesano per 127 milioni di euro: 35 più delle indennità dei parlamentari in carica, a riprova di come per anni la gestione delle pensioni agli onorevoli sia stata scriteriata) del 10,3%. I «servizi personale non dipendente» (cioè?) del 55%. La «comunicazione e informazione» del 40%. I «servizi igiene e pulizia» del 38%. I «servizi di guardaroba» del 43%. Le «spese di missione» del personale del 57,5%. Per non dire delle impennate più stupefacenti: mentre destra e sinistra, dalla Lega a Rifondazione, ammettevano che andava chiusa la stagione delle autoblù, la voce «noleggio di automezzi» ha visto una impennata da 28 a 140 milioni di euro. Pari a un aumento reale del 357%. Direte: forse usano macchine a nolo per risparmiare sulla più costosa gestione di auto e autisti interni. Può darsi: la voce non è facilmente individuabile. Ma certo se a Montecitorio va come a Palazzo Madama, l'obiezione non regge. Negli ultimi cinque anni, infatti, la spesa per il noleggio di veicoli al Senato si è impennata del 36% oltre l'inflazione mentre, in parallelo, il costo della «gestione autoparco» (da 116 a 220 mila euro) veniva quasi raddoppiato e contemporaneamente erano più che raddoppiati (più 122%) gli «acquisti di autoveicoli». E allora, come la mettiamo? E cosa sono mai i «compensi per prestazioni di carattere professionale» passati da un milione e 291 mila euro a quasi tre milioni? E come si possono spendere 35 mila euro di «tessere di riconoscimento», cioè quasi 25 mila più che nel 2001? E come possono aumentare rispettivamente del 33% e del 90%, sempre al di là dell'inflazione, le spese per «arredi e tappezzerie» e della «rilegatura di libri e periodici»? Le voci più interessanti, però, sono quelle che riguardano il personale. Non ci era stato spiegato, cinque anni fa, che gli organici erano troppo gonfi e occorreva avviare una sana politica di riduzione degli addetti? Bene: i dipendenti della Camera (112 mila euro di stipendio medio: 26 mila più del presidente del Consiglio, dopo il taglio di qualche giorno fa) sono passati da 1.757 a 1.897: 140 in più, per un costo di oltre 212 milioni di euro di buste paga. Quanto a quelli del Senato, erano talmente tanti allo scoppio della crisi della prima Repubblica da essere drasticamente ridotti, tra il 1992 e il 2001, da 1.028 a 871. C'erano voluti nove anni per tagliarne 157, ne sono bastati cinque per assumerne 225. E salire al record: 1.096. Di cui 358 commessi, benedetti non solo da un nome più chic («assistenti parlamentari») ma anche da uno stipendio medio di 115.419 euro. A prova di vacche magre. Dice l'Istat che in questi anni gli stipendi dei lavoratori dell'industria sono cresciuti del 2,5% rispetto all'inflazione e quelli dei dipendenti del terziario dello 0,6. Agli «assistenti» è andata meglio: ci hanno guadagnato quasi il 10%.

Averne, di anni di crisi come questi...
Sergio Rizzo - Gian Antonio Stella 19 ottobre 2006
 
   
 
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