UN NUOVO SISTEMA E' POSSIBILE!
 
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SI PUO' CAMBIARE? - Estratto da Massimo Esposito
In Italia, un netto cambiamento di rotta è sempre all’orizzonte, ed è comunque possibile, data l’elevatissima posta in gioco, la valenza strategica della P.A., i molteplici contributi di eccezionale valore.
Qualcosa si muove, è indubbio: le nuove linee guida per i bilanci 2007, la richiesta pressante per “bilanci consolidati di gruppo”, il lavoro di controllo sempre più stringente della Corte dei Conti sul rispetto del Patto di Stabilità interno, il graduale passaggio ad una contabilità economica e le pressioni sempre più frequenti per una trasformazione della contabilità degli enti locali, l’incalzante richiesta di nuovi processi di programmazione e controllo, sono certamente segnali importanti e confortanti, anche se ovviamente non sufficienti.
È il punto di vista a doversi evolvere in ottica aziendale, con uno sguardo particolare alla competizione tra enti, alla valutazione delle performance, alla responsabilizzazione del management, al superamento della visione clientelare in favore di un sistema fondato sulla meritocrazia, al controllo esterno sugli enti.
Un sistema, quale quello italiano, in cui solo in rarissimi casi, si percepisce qualche spiraglio di responsabilizzazione, in cui è raro ritrovare amministratori non politicizzati, in cui manca qualsiasi programma di lungo termine, in cui unico obiettivo è quello del consenso e non del bene comune, è destinato a collassare. Bisogna compiere delle scelte, difficili e magari impopolari, che rimettano il cittadino ed il patrimonio della collettività al centro dell’agenda politica italiana. Quale modo migliore se non quello di sottrarre alla politica la gestione delle risorse pubbliche? È davvero così difficile lasciare alla politica semplicemente la definizione di obiettivi di massima, e affidare le modalità implementative, ed il raggiungimento degli obiettivi, agli organi gestionali? È davvero così assurdo pretendere che chi gestisca sia messo in grado di farlo senza condizionamenti, e al contempo sia reso responsabile per quello che fa? È così illogico esigere che siano definiti diritti e doveri dell’amministrazione?
Il caso del Regno Unito risponde a tutte queste domande.
Tutto questo non è impossibile; è forse gravoso, ma non impossibile.
Talvolta sembra di essere immersi nella “società opulenta” di Galbraith in cui i servizi pubblici sono un incubo; essi sono necessari e possono esserlo in notevole quantità, ma in pratica sono un peso che grava sulla produzione privata, la quale, se tale peso è eccessivo, rischia di barcollare e cadere. Nella migliore delle ipotesi si rischia di considerare il servizio pubblico come un male necessario; nell’ipotesi peggiore lo si considera come una perniciosa tendenza sulla quale una comunità che sta all’erta deve esercitare un’eterna vigilanza. Anche quando tali servizi sono destinati a perseguire gli scopi più importanti, essi non producono risultati soddisfacenti.
Il processo di riforma che ha caratterizzato il settore pubblico britannico dovrebbe costituire, soprattutto per quanto riguarda l’introduzione della contabilità economica e per il sistema dei controlli, motivo ispiratore dei nuovi interventi legislativi in tema di Pubblica Amministrazione ed Enti locali in moltissimi Paesi.
E’ chiaro dunque, oggi più che mai, che una riforma organica del settore non è più rinviabile e che è necessario ripensare totalmente il sistema, per una Pubblica Amministrazione più snella, flessibile, meno burocratizzata, in grado di affrontare le sfide che la società moderna comporta, capace di partecipare, o piuttosto di diventare strumento trainante, della rinascita dell’intero settore pubblico italiano (se non addirittura dell’intero sistema economico), troppo spesso trascurato, appesantito da un debito in crescita costante, lacerato da un affannoso susseguirsi di riforme quasi mai in grado di ridare nuovo slancio alla P.A..
In dottrina non mancano espliciti richiami ad un’incisiva riforma della P.A.. Emblematico risulta quanto scritto dal Prof. Stefano Pozzoli “Una riforma del TUEL che porti i nostri enti locali in Europa: contabilità e controlli” in cui il professore scrive “la riforma del TUEL non deve rappresentare l’ennesima occasione sprecata. Agli enti locali italiani serve un sistema contabile in linea con quello degli altri paesi ad economia avanzata ed un TUEL che riveda, nel suo complesso, informativa contabile e sistema dei controlli.
Questa deve quindi mirare a due obiettivi:
-         il superamento del gap contabile e manageriale che si è andato creando nell’ultimo quarto di secolo rispetto alle pubbliche amministrazioni locali dei maggiori paesi ad economia avanzata;
-         la convergenza tra sistemi contabili pubblici e contabilità delle imprese, in linea anche questo con quanto sta realizzandosi in Europa e nei principali Stati del mondo, dagli USA al Giappone.
L’avvicinamento del nostro ordinamento finanziario e contabile con quello degli altri paesi ad economia avanzata deve quindi essere una priorità. In particolare si deve ricordare che la Commissione Europea, con voto unanime del Parlamento Europeo, ha adottato gli International Public Sector Accounting Standards (IPSAS).
In sostanza sembra fondamentale un incisivo processo innovatore che consenta, in un certo senso, di dare piena attuazione ai principi costituzionali in cui è radicato e riconosciuto il concetto di autonomie e che permetta di dare nuovo slancio e nuovo vigore all’art. 97 Cost..
 
   
 
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